Inginocchiarsi nella Chiesa Ortodossa

L'atto di inginocchiarsi e di stare proni alla Divina e Sacra Liturgia è un atto fisico e metafisico che deriva dai tempi antichi e che è passato nell'ortoprassi. L'atto di inginocchiarsi in alcuni momenti specifici del culto è un segno di umiltà dinnanzi a Dio ed è una delle posizioni privilegiate per la preghiera personale. La postura più corretta e comune per i servizi divini è, comunque, la postura eretta. La postura eretta, infatti, ci permette di ascoltare meglio e rimanere più vigili e attenti a ciò che accade durante il rito. Tuttavia, inginocchiarsi e prostrarsi è un atto di fede nobile ed è, se non previsto, quantomeno considerato edificante in certi momenti della sinassi. In particolar modo, durante l'Ingresso del Vangelo, durante la recita del Padre nostro, e specialmente durante le preghiere di consacrazione dei Doni. Molti si inginocchiano anche durante l'ascolto del santo Vangelo. Sembra, apparentemente, che inginocchiarsi durante la recita del Vangelo sia in contrasto con l'esortazione sacerdotale: sapienza, in piedi! ascoltiamo il santo Vangelo! che precede la lettura. Secondo il padre prof. Ene Branişte, [1], però, il gesto di stare in ginocchio o prostrati durante le Letture non significa essere in contrasto con l'esortazione liturgica, perché il gesto di stare in ginocchio è stato trasformato in un momento di grande concentrazione e attenzione. Con lo stesso senso è possibile, a questo punto, giustificare l'uso di inginocchiarsi al momento del Grande Ingresso coi Doni, il quale simboleggia il Cristo defunto portato al suo sepolcro. 

In generale, non vi sono posture obbligatorie nella Chiesa Ortodossa. Tutto quello che viene fatto a livello cultuale viene proposto come atto di amore verso Dio. Le prostrazioni quaresimali, lo stare in ginocchio o in piedi, ogni manifestazione fisica di rispetto e devozione per Dio e per i Santi è un atto di pietà e di devozione che non può essere misurato. Quel che conta è la consapevolezza del Mistero che stiamo vivendo in quel momento, offrendo noi stessi al meglio delle nostre capacità, senza perdere la concentrazione del servizio e del culto divini, poiché, come diceva il padre Sofronio dell'Essex [2] << nel tempo della Liturgia noi conosciamo Dio, e Dio conosce noi. >>. 

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NOTE

 1) BRANISTE E., Cultul ortodox ca mijloc de propovăduire a dreptei credinţe, in Studii Teologice, Anno V, nr. 9 – 10/1953, pag. 641 - 642

2) Citato in Ieroteos Vlachos, Conosco un uomo in Cristo, anno 2015, ed. Monastero della Nascita della Deipara, pag. 311

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