Quando i Luterani scrissero a Costantinopoli (Storia della Chiesa)

Circa un secolo dopo la Caduta di Costantinopoli, Filippo Melantone (1497-1560), uno dei più stretti collaboratori di Martin Lutero (1483-1546), entra in contatto con la Chiesa di Costantinopoli tramite il diacono Demetrio. Melantone e Lutero sono i principali teologi della Riforma Protestante. Sia Lutero che Melantone credevano che il cristianesimo riformato, staccandosi da Roma e dalle sue innovazioni, professasse la stessa fede dei Greci e degli Orientali. Così, nel 1559, il diacono Demetrio condusse al Fanar una copia della Confessione di Augusta tradotta in greco, nutrendo la speranza di Melantone che il patriarca ecumenico benedicesse i protestanti e li accogliesse nel suo gregge. Il patriarca Josafat II di Costantinopoli, ricevuto il tomo luterano, lo ritenne imbarazzante ed eretico, ma, al fine di non perdere una amicizia politica con i tedeschi, la curia fanariota simulò la scomparsa del libro comunicando ufficialmente che la Confessione di Augusta non era mai arrivata a destinazione. In questo modo Costantinopoli evitò di commentare pubblicamente il libro e di ferire così i luterani, senza tuttavia pronunciarsi. Il primo contatto fra luterani e ortodossi è andato a morire. 


Lutero e Melantone ai piedi di Gesù Cristo Crocefisso, alla Chiesa di Ognissanti in Wittenberg

Nel 1570 un ambasciatore tedesco, David von Ungnad, e un teologo luterano, Stefano Gerlach, stringono amicizia con uno dei segretari del nuovo patriarca ecumenico, Geremia II, il quale era considerato uno dei più eminenti teologi della Cattività Ottomana. Un greco-tedesco di nome Martin Kraus da Tubinga fu incaricato di portare avanti il dialogo teologico fra i luterani e il Fanar. La Confessione di Augusta fu tradotta di nuovo e mandata al patriarca. Questa volta, l'ambasceria tedesca non poteva essere ignorata. Geremia II chiama il sinodo di Costantinopoli e risponde con un dettagliato tomo su tutti e 21 i punti della Confessione luterana, il 15 maggio 1576. Storicamente la risposta è molto importante anche perché, di fatto, per la prima volta viene scritto un compendio di teologia ortodossa nel rispondere ai luterani. Ad ogni questione sottoposta dai protestanti, Geremia rispondeva dicendosi in disaccordo o in accordo secondo la tradizione della Chiesa e secondo le sue visioni personali. 

Le risposte di Geremia II

Il patriarca si congratulò con i luterani per la ricezione del Credo Niceno, ma ricorda come la doppia processione dello Spirito Santo (Filioque) sia una aggiunta inaccettabile dei cattolici. Inoltre Geremia aggiunge alla risposta sul Credo anche dei punti su Trinità, Incarnazione, virtù cardinali e peccati mortali. 

Nell'articolo sulla Giustificazione, Geremia II risponde citando ampiamente san Basilio, dicendo "senza le opere, la fede è morta" e che è peccare di presunzione il credersi salvati per predestinazione. 

Circa gli articoli sui sacramenti, Geremia II è nel pieno solco della tradizione dicendo che "esistono ALMENO sette sacramenti, fra i quali il Battesimo e l'Eucarestia". Si trovava d'accordo sia nel battezzare i neonati che nella validità dei sacramenti amministrati da preti indegni.

Il disaccordo più grande si ebbe nel capitolo dedicato alla Messa. Geremia disapprova l'eliminazione del Canone e dell'Epiclesi e l'uso del pane azzimo per la liturgia, e ribadisce la dottrina della trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.

Gli articoli fra undici e quattordici sono abbastanza ben visti da Geremia, che piuttosto raccomanda una visione meno legalistica della Penitenza e degli altri sacramenti. 

L'articolo quindicesimo della Confessione di Augusta è stato molto problematico, perché i luterani non erano corretti nella loro credenza e pratica circa le feste religiose e la pietà liturgica, e questo fece infuriare molto Geremia II, il quale ribadì con durezza che le feste e il calendario della Chiesa sono "testimonianza visibile di Cristo e dei suoi santi" sulla Terra. 

I capitoli sulla Grazia e sulla Salvezza attirano l'attenzione del patriarca che ricorda come si è salvati solo se si vuole esserlo: Geremia II pesca a piene mani dai testi del Crisostomo, ribadendo che la salvezza non è un evento una tantum, ma è un percorso continuo e perpetuo di rapporto fra l'umanità e Gesù Cristo. 

Il patriarca espresse le sue perplessità circa la chiusura degli ordini monastici e dei conventi da parte dei luterani, nonché l'abolizione dei digiuni e delle rogazioni, rimarcando che "i monasteri e l'obbedienza conventuale sono espressione di comunione fraterna e di zelo per Dio, così come i digiuni e le astinenze, atti di disciplina di fede". 

Infine, sull'invocazione dei Santi, Geremia II ribadisce la validità di quest'atto di venerazione e cita passi biblici a difesa dell'invocazione dei Santi. Il Sinodo poi stilò alcuni punti sull'uso del pane lievitato, della benedizione per il clero sposato, l'importanza del culto e dei sacramenti, la difesa dell'ordine monastico. 

Le risposte giunsero in Germania alla fine del 1576 e i migliori teologi protestanti del tempo si misero d'accordo per rispondere alle obiezioni del patriarca: essi rimasero fermi sulle loro posizioni eterodosse specialmente in merito alla Giustificazione e ai Sacramenti, Nel 1578, Gerlach porta la risposta a Geremia: il patriarca è infastidito dalla loro supponenza e risponde al luterano esprimendo le sue contrarietà: se i tedeschi vogliono continuare il dialogo con Costantinopoli, devono accettare tutti i dogmi della fede Ortodossa. Mancando una risposta in tal senso, nel 1581, Geremia II risponde secco una sola frase: "ognuno per la sua strada". I Luterani mandarono altre lettere, ma il dialogo si concluse bruscamente, per riaprire solamente con l'Ecumenismo del XX secolo. 

Fonte: liberamente tradotto dall'articolo di Pravoslavie.ru

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