Maria "Terra di Dio" (S. Teodoro Studita)

Teodoro lo Studita (+826), Omelia seconda per la natività di Maria, 4,7

Nulla fu mai sì prossimo a Dio come la beata Vergine Maria. Che di più puro? Che di più irreprensibile? Ella fu amata sì appassionatamente da Dio, luce suprema e infinitamente pura, che egli si è consustanziato ad essa per opera dello Spirito Santo ed è nato da essa, perfetto uomo, pur conservando la sua natura immutabile e incontaminata. Quale prodigio! Nel suo immenso amore per gli uomini, Dio non sì è vergognato di prender per madre colei ch'era sua ancella. Quale condiscendenza! Nella sconfinata sua bontà, egli non ha esitato a divenir figlio di colei ch'egli stesso aveva modellata. Egli era veramente invaghito della più incantevole fra le sue creature, e si impossessò di colei che valeva più delle potenze del cielo. Veramente ad essa si applicano le parole del profeta Zaccaria: Canta inni, rallegrati, o figlia di Sion, perché ecco che vengo ad abitare in mezzo a te, dice il Signore (2, 10). Ed è ancora ad essa, mi sembra, che si rivolge Gioele allorché esclama: Non temere, o terra, esulta, rallegrati, perché grandi cose ha fatto il Signore (2, 21). Perché Maria è una terra: quella terra sulla quale l'uomo di Dio, Mosé, ricevette l'ordine di togliersi i sandali, prefigurazione della Legge di cui la grazia prenderà il posto. E' anche quella terra sulla quale si è stabilito, per mezzo dello Spirito Santo, colui di cui cantiamo: egli ha stabilito sulle sue basi la terra (Sl. 103, 5).
E' una terra che, senza essere stata seminata, fa schiudere il frutto che dà ad ogni essere il suo sostentamento. Una terra sulla quale non ha germogliato la spina del peccato; anzi, ha dato l'esistenza a colui che l'ha strappata sino alla radice. Una terra, infine, non maledetta come la prima, dalle messi frammischiate di spine e di cardi, ma una terra sulla quale riposa la benedizione del Signore e che porta nel suo seno un frutto benedetto come dice la parola sacra (Lc. 1,42).
Esulta, casa del Signore, terra che Dio ha sfiorato con i suoi passi. Tu che hai contenuto nella tua carne colui la cui divinità sorpassa l'universo. Da te, colui che è la semplicità stessa ha assunto la complessa natura dell'uomo; l'eterno è entrato nel tempo e l'infinito si è lasciato circoscrivere. Esulta, dimora di Dio, che brilli della luce della divinità... Ave, o piena di grazia (Lc. 1, 28): la tua opera e il tuo nome sono fonti di gioia più della gioia stessa. Da te è venuta al mondo la gioia immortale, il Cristo, rimedio alla tristezza degli uomini. Esulta, paradiso più felice del giardino dell'Eden nel quale è germogliata ogni virtù ed è spuntato l'albero della Vita. 

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