La Gloria di Cristo (s. Leone Magno)

San Leone Magno fu eletto vescovo di Roma nel 440 d.C. ed ebbe a difendere l'ortodossia della Fede contro i monofisiti: per le sue opere teologiche fu da molti Padri suoi contemporanei molto esaltato, venendo chiamato più volte faro della Chiesa.


Gesù prese con sé in disparte Pietro, Giacomo Giovanni, suo fratello (Mt. 17, 1) e, asceso con essi un alto monte, mostrò loro lo splendore della sua gloria: infatti, sebbene avessero riconosciuto in lui la maestà di Dio, ignoravano ancora la potenza di quel corpo, in cui era celata la Divinità. Ad alcuni dei discepoli presenti, aveva promesso a questo proposito - in termini chiari e precisi - che non sarebbero morti prima d'aver visto il Figlio dell'uomo venire nel suo Regno, cioè nello splendore regale che spettava, in maniera tutta parti-colare, alla natura umana che aveva assunta e che volle rendere visibile a questi tre uomini. Non era infatti possibile che dei mortali, ancora rivestiti di carne, potessero in alcun modo vedere e contemplare quell'ineffabi'le e inaccessibile visione della Divinità, che è riservata nella vita eterna ai puri di cuore.
In presenza di testimoni scelti, il Signore manifesta dunque la sua gloria, e quel corpo che gli è comune col resto degli uomini, lo illumina di tale fulgore, che il suo volto si fa splendente come il sole e le sue vesti divengono candide come la neve. Scopo principale di questa trasfigurazione, era di cancellare dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, così che l'umiliazione della passione volontaria di Cristo non turbasse la fede di coloro ai quali era stata rivelata la grandezza della sua dignità nascosta. Ma con uguale provvidenza veniva fondata la speranza della santa Chiesa: infatti l'intero corpo di Cristo diventava consapevole della trasformazione che gli era riservata e le membra potevano ripromettersi la partecipazione a quella gloria, che avevano vista risplendere nel capo...


Pietro, calmo della gioia della visione, desiderava dimorare con Gesù lì, nel luogo ove era allietata dalla manifestazione della sua gloria; per questa esclamò: Signore, è bene per noi stare qui: se vuoi, facciamo qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia (Mt. 17, 4). Ma, a questa suggerimento, il Signore non diede risposta, per mostrare all'apostolo che il suo desiderio non era cattivo, ma disordinato. Dato che il mondo non poteva essere salvato se non con la morte di Cristo, l'esempio del Signore indirizzava la fede dei credenti proprio a questo: senza che ci fosse lecito dubitare della beatitudine promessa, noi dovevamo tuttavia comprendere che, fra le tentazioni di questa vita, la pazienza è da chiedersi prima della gloria, perché la felicità del Regno non può precedere il tempo della sofferenza.
Ed ecco mentre ancora parlava, una nube luminosa li ricoprì con la sua ambra e, dalla nube, una va ce diceva: Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo(ML 17, 5)... «Ascoltatelo»: lui che apre la via del cielo e, per mezzo del supplizio della croce, prepara per voi dei gradini che ascendano al Regno. Perché temete di essere redenti? Perché, feriti come siete, avete paura di essere guariti?... Deponete la paura carnale e armatevi della costanza della fede: è infatti indegno che temiate, nella passione del Signore, quella che, per sua grazia, non temereste nemmeno nel momento della morte.
Queste case, dilettissimi, non sono state dette solo per utilità di quelli che le ascoltarono con le proprie orecchie: in quei tre apostoli, tutta intera la Chiesa imparò ciò che i loro occhi videro e le loro orecchie ascoltarono. Si rinfranchi quindi la fede di tutti secondo l'insegnamento del santa Vangelo e nessuno arrossisca della croce di Cristo, per la quale il mondo è stato redento.

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ESTRATTO DA
Leone Magno, Sermo LI, 2-3, 5-8: PL 54, 310-313. Ediz. Italiana: Il mistero pasquale - Ed. Paoline, 1965, pp. 63 ss.

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