Dopo lo Scisma, l'Occidente ormai eterodosso non perde tempo nell'elaborare una nuova dottrina intorno al Fuoco purgatorio, con la nascita del concetto eretico di luogo fisico di purificazione, estraneo alla patristica del Primo Millennio, e al credo ortodosso.
La degenerazione: la nascita del luogo Purgatorio
Come abbiamo visto, fino all'XI secolo compreso la cristianità occidentale
ha ormai una nozione chiara di fuoco purgatorio distinto dal fuoco infernale
della Geenna, ma non vi è alcun luogo stazionario e fisico che prende il nome
di Purgatorio: la gente credeva in una concezione ortodossa. Secondo le
ricerche di Jacques Le Goff[1] sulle
quali mi sono basato per studiare la storia del Purgatorio, non esiste una
certa nozione di Purgatorio prima del 1170.
Nel pieno XII secolo un abate certosino, Gerrico di Igny, scrive 54 sermoni
e in alcuni di essi, in merito alla purificazione della Vergine Maria, scrive
anche sul fuoco purgatorio riprendendo direttamente le idee di Origene. Nei
teologi francesi del XII e del XIII secolo rimane ancora una visione
agostiniana tradizionale del fuoco purgatorio, senza alcuna variante. Ugo di
san Vittore, nel 1140, scrive un trattato noto come De sacramentis, nel quale si sforza di trovare un luogo o più
luoghi per l'espiazione dei peccati, non dando comunque risposte certe.
Bernardo di Chiaravalle, nel Sermone XVI
per la festa di sant'Andrea, parla di loci
purgatorii (luoghi di purificazione) nei quali << i condannati
sguazzano qua e là come nella melma >>. Nel 1148, in un altro sermone
noto come In obitu Domni Huberti,
scrive che coloro che non si sono purificati in vita, dovranno farlo in alcuni
luoghi dell'aldilà appositamente preparati (in
purgabilibus locis). Pier Lombardo (+1160), vescovo di Parigi ma italiano
di nascita, scrive nelle sue Sentenze,
ai capitoli XXII e XXIII, che alcuni peccati si rimettono in questa vita, altri
nell'aldilà, e ritiene che vi sia una differenza spirituale delle pene fra i <<
non del tutto cattivi >> e i malvagi, benché accomunati dal medesimo
Inferno: i "quasi buoni" infatti vengono assai mitigati e confusi con
i "non del tutto buoni". Un documento del 1180 è notevole per la
nostra ricerca, noto come Conflictus
Helveticus de Limbo Patrum nel quale due autori, Burcardo abate di St
Johann a Thurtale e Ugo abate di Ognissanti a Sciaffusa, dibattono circa la
situazione delle anime dei defunti prima della discesa di Cristo agli Inferi.
Nel corso del dialogo, Burcardo dà una buona definizione del Purgatorio
cattolico: << Ci sono tre specie di Chiese: la Chiesa militante
(terrestre), la Chiesa che attende la ricompensa nel purgatorio, e la Chiesa
trionfante con gli Angeli in cielo.[2]>>
Viene definita quindi per la prima volta, in un documento di dibattito
teologico, la condizione dei purganti: essi "sono Chiesa" (al
contrario dei dannati e degli empi) ma non sono degni di far parte della Chiesa
Trionfante, e la loro condizione non è certamente eterna. Pietro di Poitiers
(+1205) nei suoi Cinque Libri di Sentenze
espone in modo maniacale la contabilità
della penitenza e l'entità della pena dei peccati veniali, ormai legati in modo
indissolubile al Purgatorio, e utilizza ormai l'espressione in purgatoriis in luogo di ignis purgatorius sebbene appaia sovente
anche in questa forma.
Oddone di Ourscamp (+1171) è il primo a parlare di Purgatorio in senso
stretto dando una tempistica: in una delle sue Questioni, la De anima in
Purgatorio, egli scrive: << L'anima separata dal corpo entra
immediatamente nel Purgatorio (intrat
purgatorium statim). Qui viene purificata e ne trae dunque vantaggio.>>
Inoltre aggiunge: << Poiché il fuoco è una pena materiale, esso è in un
luogo. Lascio in sospeso la questione di dove si trovi tale luogo.[3]>>
Fu senza dubbio la Scolastica a puntare sulla teologia moderna del
Purgatorio. Pietro il Cantore (+1197), professore alla Scuola del Notre Dame di
Parigi, scrive la Somma sui Sacramenti e
i consigli per l'Anima nella quale, ancora in merito ai peccati veniali, vi
collega lo stazionamento in Purgatorio. E' lui che arriva a dire: << per
i buoni vi è il Paradiso immediato o il Purgatorio se hanno dei peccati veniali
da cancellare, per i peccatori invece c'è l'inferno, senz'altri ricettacoli.[4]>>
In un altro passo del medesimo tomo, Pietro il Cantore ricorda come i maestri
di teologia parigini insegnino che il peccato lieve viene rimosso dalle pene
del Purgatorio, e non per mezzo di penitenza. In un'altra opera, Verbum Abbreaviatum, lo stesso autore si
domanda se una pena intensissima in vita possa forse eguagliare il Purgatorio,
e quindi annullarlo.
La montagna del Purgatorio di Dante in una illustrazione del XIX secolo
Fra i secoli XII e XIII gli ecclesiastici pro-Purgatorio hanno molta
visibilità poiché spesso sono anche quelli che difendono la Chiesa cattolico-romana
dalle spinte ereticali di quei secoli, come ad esempio Bernardo di Chiaravalle.
I canonisti sono in genere titubanti e quest'atmosfera di incertezza non si
dipana prima del Duecento.
Papa Innocenzo III (1198-1216) è il primo, attraverso una lettera e un
sermone, a parlare di luogo purgatorio in qualità di autorità ufficiale. Egli
menziona difatti cinque luoghi spirituali che attendono i defunti dopo la
morte. Il luogo supremo è il Cielo per i beati, il più infimo è l'Inferno per i
dannati, quello di mezzo è il Mondo terreno ove convivono giusti e peccatori;
tra il supremo e il mediano vi è il Paradiso Terrestre, dove ancora Enoch ed
Elia hanno dimora dai tempi in cui furono rapiti negli Empirei, che però sono
destinati alla morte, e il luogo fra la terra e gli inferi è il Purgatorio.
Tommaso di Chobham, figlio spirituale di Pietro il Cantore, parteciperà al
Concilio Laterano del 1215, portando alla ribalta il tema del Purgatorio come
se già gli enunciati del pontefice non avessero già delineato un nuovo corso
teologico. Nella Summa Confessorum di
Tommaso di Chobham, scritta durante il Concilio Laterano IV, egli espone i
nuovi problemi sociali degli uomini e un nuovo genere di confessioni e
penitenze, per poi parlare, secondo un filone occidentale ormai noto al
lettore, dei meriti della Messa nella purificazione dei purganti e per primo
vede nei "condannati alle pene più leggere" dell'Enchiridion di Agostino una figurazione del Purgatorio. Nella Summa Confessorum viene soppresso l'uso
del plurale (loci purgatorii) poiché
l'autore scrive che è meglio considerare << la presenza di più case in un
solo luogo Purgatorio.>>
Mi pare superfluo continuare l'esposizione della crescita dell'eterodossia
del concetto di Purgatorio, poiché non rientra nei fini di questo libro lo
studio approfondito della cristianità occidentale dopo il Grande Scisma del
1054. Per correttezza, giacché non volevo lasciare il lettore privo degli
strumenti per comprendere come dall'originale visione patristica si è passati
ad uno stadio spirituale diverso, ho preferito scrivere anche questo capitolo.
[1]
Jacques
Le Goff, La nascita del Purgatorio, Einaudi,
pag. 151
[2]
Conflictus
Helveticus de Limbo Patrum, F. Stegmuller, Gembloux 1951, pp.723-744. Cit. a pag. 737.
[3]
Questiones Magistri Odonis,
pubblicate da J.B. Pitra, in Analecta
Novissima vol. II, Tusculum 1888, pp.137-138
[4] Pietro il
Cantore, Somma sui
Sacramenti e i consigli per l'Anima, a cura di J.A.
Dugauquier, 1957, pp.103-4 in Analecta Medievalia Namuracensia.
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