I Canoni Apostolici (canoni I - XLIII )

tradotti dal sito Saint Pacomius Library. Ho ritenuta fondamentale per il clero italiano e non solo, ma per tutti i fedeli di buona volontà, la conoscenza dei Canoni Apostolici attraverso i quali la Chiesa si è data le regole per la propria disciplina. Conoscere i canoni ci rende aperti non solo ai misteri che viviamo, ma anche ai malcostumi che magari ignoriamo di avere, così da poterli correggere. 
NOTA storicaSan Clemente I papa di Roma li tradusse in Latino e li diffuse nell'Urbe quali fondamento della Chiesa, poiché sono tesoro dell'Indivisa.


icona di nostro Signore Gesù Cristo e i suoi Apostoli

SUL CLERO E SULLE OFFERTE

Canone I. Un vescovo sia ordinato da due o tre vescovi.

Canone II. i sacerdoti, i diaconi e gli altri gradi del clero siano ordinati da un vescovo.

Canone III. Se un vescovo od un sacerdote offre sull'altare qualsiasi cosa che non sia stata comandata dal Signore Nostro (1), come ad esempio miele, latte, bevande che non siano vino, uccelli, vegetali, qualsiasi essere vivente, che egli sia deposto. Si accettino solo le spighe di grano o l'uva nelle stagioni adatte. Nulla dev'essere accostato al santo altare nel tempo dell'oblazione, tranne l'incenso o l'olio per le lampade. 

1) in poche parole, sono ammessi sulla santa mensa solo il Pane e il Vino dell'Offertorio

Canone IV. I frutti e le primizie siano mandate al vescovo o ai sacerdoti a casa, non all'altare. Certamente essi dispongano di questi beni e li condividano coi diaconi e il resto del clero. 

SUL MATRIMONIO DEL CLERO E SUI COSTUMI DEI SACERDOTI

Canone V. Il vescovo, il sacerdote e il diacono non si allontanino dalla propria moglie col pretesto della religione. Se essi la abbandonano, siano scomunicati. Se persistono, siano deposti. 

Canone VI. (2) Il vescovo, il sacerdote e il diacono non intrattengano affari mondani, o siano deposti. 

2) viene generalmente interpretato oggidì con il divieto di lavorare in settori violenti ( esercito, polizia, macellaio) o che contravvengono alla vita di povertà, quali ad esempio il banchiere o l'usuraio

SULLA SANTA PASQUA

Canone VII. Se un vescovo, un sacerdote o un diacono celebrano la santa Pasqua prima dell'equinozio di Primavera, con i Giudei, siano deposti. 

SULLA COMUNIONE DEI CHIERICI  E SUL COMPORTAMENTO IN CHIESA

Canone VIII. Se un vescovo, un sacerdote o un diacono, al momento dell'offerta, essi non L'assumono, rendano testimonianza del perché. Se la colpa è ragionevole, siano scusati. Se invece si rifiutano di dire il perché, siano scomunicati per offesa al popolo, o perché essi col loro comportamento potrebbero far sospettare che il celebrante non sia degno. 

Canone IX. I fedeli che entrano in chiesa e assistono alle Letture, ma non partecipano alle preghiere della Santa Comunione, siano scomunicati, come se commettessero disordini in chiesa. 

NORME SUGLI SCOMUNICATI

Canone X. Se qualcuno prega con un eretico, anche privatamente, sia esso stesso scomunicato. 

Canone XI. Un chierico che si unisce in preghiera ad un chierico deposto, sia scomunicato egli stesso. 

Canoni XII e XIII. Se uno scomunicato si reca in un'altra città senza lettera di presentazione e ottiene la Comunione, siano scomunicati tanto i comunicanti quanto il ricevuto. Se uno è già scomunicato, gli si allunghi la scomunica. 

SUI MOVIMENTI DEI CHIERICI

Canone XIV. Il vescovo non può lasciare la propria sede per trasferirsi in un'altra parrocchia anche se molti lo richiedono, a meno che non ci sia una causa che lo vincola al suddetto passaggio, come ad esempio conferire maggior vantaggio spirituale alle persone di quel luogo. Questo deve accadere non per volontà personale dell'episcopo, ma su consiglio di molti vescovi, dietro loro seria esortazione.

Canone XV. Se un sacerdote o un diacono o qualsiasi chierico lasciano la loro parrocchia per trasferirsi in un'altra e dopo averla completamente abbandonata prendono dimora nell'altra chiesa senza il permesso del vescovo, noi decretiamo che per costoro vi sia la sospensione dall'officio divino, e soprattutto se dietro esortazione del loro episcopo essi non tornano indietro, e persistono nella loro condotta disordinata, siano comunicati come laici.

Canone XVI. Se tuttavia il vescovo sotto cui i facinorosi di cui sopra si trovano non tiene conto del comando di cessare le celebrazioni, ma li riceve quali pastori, sia scomunicato anche lui, qual maestro del disordine.

ANCORA SUL MATRIMONIO DEL CLERO

Canone XVII. Chi, dopo il battesimo, si è sposato due volte, o tiene una concubina, non può diventare vescovo, sacerdote e diacono, e nemmeno accedere a qualsiasi grado del clero.

Canone XVIII, Chi ha sposato una vedova, una donna divorziata, una meretrice, o una attrice, non può diventare vescovo, sacerdote e diacono, e nemmeno accedere a qualsiasi grado del clero.

Canone XIX. Chi ha sposato due sorelle o una nipote non può diventare chierico.

SULL'ESSERE GARANTI

Canone XX. Se un chierico diventa garante di qualcuno, sia deposto.

SUGLI EUNUCHI E GLI AUTO-LESIONISTI

Canone XXI. Se qualcuno è divenuto eunuco (ossia: ha perso la sua virilità) in tempi di persecuzione, oppure vi è nato in tale condizione, ma è degno per tutti gli altri aspetti, può essere ammesso all'episcopato.

Canone XXII. Se qualcuno si è mutilato da solo, non può diventare chierico, poiché è un mezzo omicida, e poiché nutre disprezzo per la creazione umana di Dio.

Canone XXIII. Se qualcuno che sta diventando chierico si mutila, deponetelo, poiché è un mezzo omicida.

Canone XXIV. Se un laico si mutila, sia scomunicato per tre anni, come se avesse attentato alla propria vita.

REGOLAMENTI DEL CLERO



Canone XXV. Se un vescovo, un presbitero o un diacono sono trovati in fornicazione, o hanno reso falsa testimonianza, o sono colpevoli di furto, siano deposti ma non scomunicati, giacché la Scrittura dice: "non si punisca due volte un uomo per lo stesso reato". Allo stesso modo per i medesimi reati anche gli altri membri del clero siano trattati nello stesso modo.

Canone XXVI. (3) Ordiniamo che fra quanti sono stati ordinati da celibi, e vogliono sposarsi, solo ai Lettori e ai Coristi sia permesso il matrimonio.

3) L'uso è che per gli ordini maggiori (sacerdozio, diaconato e ipodiaconato) l'ordinato sia sposato prima dell'ordinazione; ai lettori, ai salmisti, agli accoliti viene lasciato ancora del tempo per sposarsi dopo la chirotesia minore. Per il vescovato invece è richiesta la professione monastica e quindi l'obbligo del celibato.

Canone XXVII. Se un vescovo, un presbitero o un diacono ha picchiato un fedele che ha peccato,. o un infedele, col pretesto di spaventarlo, comandiamo che sia deposto. Nostro Signore, difatti, non ci ha insegnato a esser violenti, ma al contrario quando venne colpito non rese il colpo, quando fu insultato non rispose, quando soffrì non minacciò alcuno.

 Canone XXVIII. Qualora un vescovo, un sacerdote o un diacono estromessi con accuse fondate dalle celebrazioni hanno l'ardire di intrufolarsi in un divino officio e viene loro affidato (per misconoscenza), che siano tagliati fuori dalla Chiesa.

SULLA SIMONIA

Canone XXIX. Se un vescovo, un presbitero o un diacono ottengono l'onore della carica per mezzo del denaro, ebbene che questo chierico sia deposto, e posto fuori da ogni comunione, così come io, Pietro (4), feci con Simon Mago.

4) I Padri conciliari che hanno stilato i canoni apostolici sono successori degli apostoli e pertanto utilizzano questa immagine per far comprendere come la potestà vescovile sia proveniente dall'eredità apostolica.

Canone XXX.. Se un vescovo ottiene una chiesa per mezzo di ingerenze del potere temporale, sia scomunicato, e siano scomunicati quanti lo seguono.

SUL TRADIMENTO 

Canone XXXI. Se un sacerdote, senza riguardo per il proprio vescovo, si stacca dalla sua comunità e crea un secondo altare, senza dimostrare in giustizia che il vescovo è fallace, sia deposto per la sua ambizione, poiché è un tiranno, e quanti concelebrano con lui abbiano la stessa sorte; i laici che lo seguono siano scomunicati. Questo avvenga dopo tre ammonimenti da parte del suo vescovo, se egli persiste.

SUL CLERO SCOMUNICATO

Canone XXXII. Se un sacerdote o un diacono sono scomunicati, non potranno essere riammessi alla comunione se non dal vescovo che li ha scomunicati: se questo non avviene, si attenda la morte del vescovo.

SULLA RICEZIONE DEL CLERO STRANIERO

Canone XXXIII. Un sacerdote o un diacono stranieri non siano ricevuti ( in una parrocchia ) senza la loro lettera di presentazione. Se essi ce l'hanno, siano esaminati: se sono portatori di giustizia, siano ricevuti. Anche se saranno rifocillati nei bisogni, non verranno ammessi alla comunione subito, per non affrettare le cose.

SUL PRIMATO LOCALE E LE AZIONI DEI VESCOVI

Canone XXXIV. I vescovi di ogni nazione scelgano fra loro un primate, e non agiscano mai senza il suo consenso, ma anche egli chieda l'assenso di tutti, affinché vi sia unanimità, e possiamo così compiacere e glorificare Dio attraverso il Signore nello Spirito Santo.

Canone XXXV. Qualora un vescovo ordini persone fuori dalla sua giurisdizione, sia deposto in accordo con coloro che vivono fuori dai suoi territori, e assieme ad esso, quanti ha ordinato.

Canone XXXVI. Se un uomo ordinato vescovo non corregge e guida il suo gregge, sia scomunicato prima che perverta la comunità, e così un prete o un diacono; ma se al contrario egli è buono ed è il popolo ad essere in errore, sia mantenuto nel suo ruolo, e sia scomunicato il clero di quella città, poiché non ha corretto il popolo disobbediente.

Canone XXXVII. I vescovi di un luogo si riuniscano (almeno) due volte l'anno per affrontare controversie teologiche e sistemare gli affari ecclesiasti ci che nascono di volta in volta. Una riunione sia fatta la quarta domenica dopo Pasqua, la seconda il dodicesimo giorno d'Ottobre.

Canone XXXVIII. Il vescovo abbia cura delle sostanze della Chiesa come se fossero sue, e come se fosse sotto lo sguardo perenne di Dio. Ma egli non può concedere ai suoi clienti - ossia, a coloro con cui trattiene rapporti - alcunché proveniente dalla Chiesa, che sia destinato a Dio. Se sono poveri, li riceva come poveri; Ma, sotto tal pretesto, nulla sia venduto dei beni della Chiesa.

Canone XXXIX. I sacerdoti e i diaconi non facciano nulla senza approvazione del vescovo, giacché è a lui che viene affidato il popolo di Dio, e lui renderà conto delle sue mancanze.

Canone XL. I beni privati del vescovo siano ben distinti da quelli destinati alla Chiesa,  affinché alla sua morte egli possa destinarli a chi vuole nella misura che gli aggrada, e che le sostanze della Chiesa rimangano invece dove sono, poiché egli ha da mantenere la moglie, i figli, i servi e i clienti; così, che dinnanzi a Dio e gli uomini, la Chiesa non abbia a soffrire delle ristrettezze economiche del suo vescovo, e che quest'ultimo non sia ingiuriato col pretesto del denaro della Chiesa.

Canone XLI. Noi disponiamo che il vescovo sia in assoluto il detentore dei beni della Chiesa: giacché possiede il potere sulle anime, tantopiù lo avrà sui beni fisici della comunità. Li amministri con saggezza e con tutta la sua autorità, e sopperisca ai bisogni della Chiesa, e anche a quelli dei preti e dei diaconi, con timor di Dio e riverenza. Prenda anche quanto serve per ospitare gli ospiti, giacché sta scritto: chi serve all'altare si nutra dell'altare. E così come nessun soldato alza le armi contro il nemico con armi comprate da sé.

ANCORA SUI COSTUMI DEL CLERO

Canone XLII. Se un vescovo, un presbitero o un diacono è colto a ubriacarsi o a giocare d'azzardo, sia deposto.

Canone XLIII. Se un suddiacono, un lettore, o un cantore, fa le stesse cose di cui sopra, sia scomunicato: allo stesso modo i laici. 

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