Il dibattito Cristologico nel primo millennio

Il primo grande scisma della Cristianità, ancora non totalmente ricomposto, è quello che avvenne nell'anno 451 a Calcedonia, una frattura fra le Chiese siriaco-egiziane e quelle greco-latine che prese il nome di Scisma Calcedonese. 

La Cristologia dei primi secoli e la Deificazione 

I Padri Latini dei primi secoli risolsero il "problema" cristologico ponendo l'accento sulla Redenzione del Cristo operata dal Suo Sacrificio puro e perfetto, reso a riscatto del genere umano dall'inizio dei tempi fino alla fine del mondo. La Cristologia dei Padri Latini era quindi incentrata sull'opera di Cristo: anche nel Medioevo la Chiesa Latina ( e poi cattolico-romana) dovrà sempre confrontarsi con eresie che minano l'Eucarestia e l'azione cristica. In Oriente invece i Padri assunsero un altro genere di approfondimento, non negando certo quello dei contemporanei Latini ( i quali, a loro volta, assunsero gli approfondimenti dei Greci ), ma superando in un certo senso la semplicità occidentale con una pneumatologia inserita nel contesto Cristico. I Padri Greci giunsero a codificare teologicamente la Deificazione, ossia l'ingresso dell'Uomo nella vita dello Spirito e la sua appartenenza totale al Logos il quale si manifesta tanto nell'uomo quanto nella Chiesa quale essere sacramentale. 

Le scuole greche 

Tale concetto diede luogo a due "partiti" teologici, quello Antiocheno e quello Cirilliano. La scuola antiochena vide come pensatori Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsuestia, Nestorio e Teodoreto di Ciro. Tutti questi scrittori del IV-V secolo videro nel Cristo non una perfetta coesistenza di due Nature, ma sottolineando la piena umanità del Gesù storico vedono una certa "autonomia" dalla sua divinità. Essi asserivano che se Gesù era "deificato" non poteva essere realmente uomo, quindi il suo essere "semplice", quello che avrebbe dovuto patire e morire, era semplicemente il figlio di Maria. 
Nel Concilio di Nicea sant'Anastasio aveva detto: "Dio si è fatto uomo affinché l'Uomo potesse divenire Dio." I Padri Cappadoci avevano fatto propria questa espressione e in genere tutto l'episcopato orientale, anche se non tutti apparivano così convinti della consustanzialità delle Nature. 
San Cirillo d'Alessandria trovò invece il modo più completo nell'ambito orientale per esprimere un anti-nestorianesimo che non fosse totalmente nemica di una certa preferenza spiritualista. San Cirillo infatti parla di "ipostasi incarnata" mentre il Concilio di Calcedonia correggerà questa affermazione parziale enunciando il concetto di due nature unite in una sola ipostasi incarnata le quali conservano entrambe le loro caratteristiche corrispettive. 
Quando il clero occidentale iniziò a inserirsi nella disputa, san Leone Magno papa attraverso le sue Lettere diede una buona comprensione dei testi cirilliani e ne corresse le imperfezioni, tranquillizando l'episcopato latino il quale si schierò uniformemente sul partito cirilliano. 



Vasilij Ivanovic Surikov, Quarto Concilio di Calcedonia, olio su tela, 1876 

Il dibattito Conciliare a Calcedonia (451 d.C.) e  Costantinopoli ( 553 d.C.)

Il dibattito vide contrapporsi quattro differenti partiti cristologici. 

I MONOFISITI
Benché la maggior parte dei monofisiti fosse essenzialmente convinta che Eutiche di Costantinopoli proferisse eresie, essi interpretarono come un ritorno al nestorianesimo la formula conciliare di "due nature in una sola ipostasi". Essi non accettavano neanche l'idea che le due nature, una volta unite, conservassero le loro caratteristiche, ma parlavano di fusione degli aspetti divino-umani di Cristo.

I DIOFISITI
Per i Diofisiti l'oggetto della Passione era solamente l'umanità del figlio di Maria, non il Logos. I monofisiti sfruttarono questo partito per vedere in Calcedonia un concilio cripto-nestoriano. Uno dei Diofisiti più convinti fu Teodoreto di Cirro. 

GLI ORIGENISTI
Durante il V secolo fino alla fine del regno di Giustiniano I ( + 565 d.C.) gli Origenisti furono molto influenti a corte e proposero l'idea totalmente eretica di appoggiare la cristologia di Evagrio Pontico. Per gli Origenisti, così come per Evagrio Pontico, Cristo non è il Logos, ma un intelletto separato da esso e non coinvolto nella caduta originale del creato, e unito a causa di ciò al Logos per via della comune purezza. Leonzio di Bisanzio fu il principale filosofo di quest'area. 

I CALCEDONESI CIRILLIANI
La maggior parte del clero riunito a Calcedonia e anche nel futuro Concilio di Costantinopoli del 553 verteva su una teologia sostanzialmente affine agli scritti di san Cirillo d'Alessandria. I più grandi teologi del tempo - Efrem il Siro, Eulogio d'Alessandria, Giovanni il Grammatico, Teodoro di Gerusalemme - si schierarono tutti a favore di questo partito, il quale evidenziò la teologia teopaschita di Cirillo rendendola più chiara di quanto lo stesso Cirillo si proponesse in principio, adottando la dizione " una sola ipostasi per due nature distinte". 

I frutti dei Concili e san Massimo il Confessore

Gesù Cristo, mosaico in Sant'Apollinare Nuovo ( Ravenna ), chiesa iniziata nel 505 d.C.


Dal 451 al 553 la controversia fu tale che la Chiesa non voleva dirsi "scissa", e difatti fu a breve chiamato il Concilio di Costantinopoli ( V ecumenico ) nel 553 per tentare di richiamare i Monofisiti all'ordine calcedoniano. Giustiniano agì prima con vie legali, tentando tramite editti imperiali di imporre il Credo calcedonese, per poi invece ritenere più utile il Concilio. Le tesi antiocheno-monofisite si erano grandemente diffuse in Egitto, in Siria, in Etiopia e in Armenia. 
Si attribuisce all'Imperatore Giustiniano la stessa dizione "Unigenito Figlio di Dio" che venne adottata nei canoni delle Liturgie sia in oriente che in occidente, e fu ampiamente adottato il tomo delle Dodici Accuse contro Nestorio mosse da san Cirillo: ai monofisiti non veniva chiesto di abiurare il loro credo, ma solamente di riconoscere che Calcedonia era essenzialmente in linea con gli scritti dei padri della Chiesa e perciò non era un concilio nestoriano. 
Sempre nel V concilio Ecumenico furono adottati degli anatemi contro gli scritti di Origine e di Evagrio Pontico ai quali però non mancò una certa diffusione anche in ambito esicasta-monastico. 
San Massimo il Confessore diede nuovo impulso al tema della Deificazione portando decisivo soccorso al partito anti-monofisita. Nel pensiero di san Massimo l'uomo è immagine del Logos ed è per questo che contiene lo stesso nous ( o essenza ) del Logos, ed è da questo che consegue la somiglianza con Dio e l'obiettivo della vita umana è rientrare in questa somiglianza. Origene rispondeva allora che, se così fosse stato, non vi sarebbe stato posto nella Storia umana per la caduta e la Morte. San Massimo rispose che la libertà dell'Uomo non risponde all'autonomia decisionale, ma alla perfetta adempienza dell'unione ( comunione ) con Dio. La Comunione con Dio non distrugge l'umanità, ma la rende perfetta: l'umanità e la divinità si manifestano reciprocamente nell'armonia. Gli scritti di san Massimo il Confessore furono usati da san Giovanni Damasceno nella Esatta esposizione della fede ortodossa e in genere l'Oriente adottò i canoni di san Massimo quali corpus preferenziale contro ogni eresia cristologica che avrebbe affrontato. 

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FONTI
JOHN MEYENDORFF, La Teologia Bizantina - Marietti Edizioni
R.V. SELLERS, The Council of Calcedon: a Historical and Doctrinal Survey, London (1961)
AAVV. Storia del Cristianesimo, Il Mulino ed.

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