Muoia la carne del peccato ( s. Ambrogio di Milano )

Muoia, dunque, la nostra carne ai desideri, sia pure in catene, in schiavitù, non muova guerra alla legge dello spirito. Muoia, soggiacendo a salutare servitù, secondo l'esempio di Paolo. L'Apostolo torturava il corpo per renderlo schiavo, con l'intento di dare maggiore credito alla parola, se la legge della carne non sembrasse affatto essere in guerra con quella dello spirito. La carne, infatti, muore quando la sua saggezza si trasferisce allo spirito; non è più allora sapiente nelle cose materiali, ma nelle spirituali. Oh, mi fosse concesso di vedere la mia carne ammalarsi, così da non essere più trascinato prigioniero della legge del peccato e non vivere nella carne, bensì nella fede di Cristo! E', pertanto, grazia più grande nella infermità che nella salute del corpo. Il Signore amò intensamente Paolo, eppure non volle liberarlo dalla malattia della carne. Allorché l'Apostolo gli domandò di allontanare l'infermità dal corpo, rispose: "Ti basta la mia grazia; la potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza". Paolo attesta di trovarsi maggiormente a suo agio nelle infermità: "Quando sono debole è allora che sono forte". La virtù dell'animo raggiunge la perfezione, quando la carne è ammalata.

Abbiamo chiarito il pensiero di Paolo. Soffermiamoci sul significato delle parole, per quale motivo, cioè, ha detto di aver dato il reo "in balia di Satana, per la morte della carne". La spiegazione è nel fatto che il diavolo ci mette alla prova. Suole arrecare, infatti, infermità a ciascuna delle membra e cagionare malattia all'intero corpo. Afflisse, appunto, il santo Giobbe con orrenda piaga dai piedi alla testa, poiché il Signore gli aveva dato potestà assoluta sulla carne, dicendo: "Eccolo nelle tue mani! Soltanto, risparmia la sua anima". L'Apostolo esprime analogo concetto, quando dice che ha dato un individuo "siffatto in balia di Satana per la morte del corpo, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo".
Autorità grande, grazia insigne quella che può imporre al demonio di distruggersi da se medesimo! Si distrugge, infatti, quando da debole rende forte l'uomo che egli desidera dolosamente abbattere con l'indurlo in tentazione. Ne fiacca la carne, ma rinvigorisce lo spirito. L'infermità del corpo caccia via il peccato, la dissolutezza rafforza, invece, la colpa della carne.

Il diavolo rimane beffato, si morde con i suoi stessi denti. Arma contro di sé chi si era illuso di prostrare. Ferisce il santo Giobbe, ma lo fornisce di armi migliori, giacché costui, pur avendo il corpo ricoperto di orrenda piaga, soffrì i morsi del diavolo, senza risentire l'effetto velenoso. Fu, appunto, a lui opportunamente detto: "Potrai tu pescare il dragone con l'amo, scherzerai con lui come con un uccello, lo legherai così come il fanciullo il passero, porrai su di lui la tua mano".

Il demonio, puoi constatarlo, viene schernito da Paolo. Alla maniera del fanciullo nella profezia, l'Apostolo introduce la mano nella bocca dell'aspide, senza che il serpente gli arrechi danno. Lo trae fuori dalle tenebre, fa del suo veleno un antidoto spirituale, trasformandolo in farmaco. Il veleno è per la morte della carne, l'antidoto per la salvezza dell'anima. Ciò che è di danno al corpo, riesce di utilità allo spirito.
Mangi pure il serpente la mia terra, addenti la carne, riduca a brandelli il corpo. Il Signore dica di me: "Eccolo nelle tue mani! Soltanto, risparmia la sua anima". Grande davvero è la potenza di Cristo il quale impone la custodia dell'uomo al demonio che pure non ha altra mira se non il nostro danno! Rendiamoci, dunque, propizio il Signore. Quando Cristo regna, il diavolo si trasforma addirittura in guardiano della preda. Ubbidisce, sia pure di cattivo animo, agli ordini divini e, quanto vuoi spietato, esegue comandi improntati a misericordia.

Ma perché mai vado elogiando lo spirito di ubbidienza del demonio? Egli sia sempre il cattivo per antonomasia, e Dio, che muta la malvagità del diavolo in grazia per il nostro bene, sia sempre il buono. Satana vuole fare danno, ma non può, se Cristo lo vieta. Ricopre di piaghe la carne, ma custodisce l'anima. Inghiotte la terra, preserva, però, lo spirito. D'altra parte sta scritto: "Allora i lupi e gli agnelli pascoleranno insieme, il leone e il bue si ciberanno di paglia, il serpente di terra quasi fossi pane. E non cagioneranno, dice il Signore, danno e distruzione sul suo santo monte". E' questo il verdetto di condanna del serpente: "Mangerai terra". Quale terra? Quella di cui è detto: "Terra sei e terra tornerai".

Da: "La Penitenza", cap.13, Sant'Ambrogio Vescovo di Milano


La cripta con le spoglie incorrotte di Sant'Ambrogio nella sua chiesa a Milano

Sant'Ambrogio, prega per noi!

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