Lessico liturgico delle chiese ortodosse: un breve glossario

Questo articolo lo dedico soprattutto a coloro che sono relativamente nuovi nell'Ortodossia o che si sono ritrovati a svolgere ruoli di servizio nella chiesa, ma non hanno ancora chiaro il lessico. Spesso noi usiamo dei prestiti dal greco o dallo slavo, perché ovviamente non abbiamo avuto in Occidente la stessa esperienza liturgica. L'autore in questo articolo cerca di spiegare alcuni termini comuni nelle officiature, così che tutti possiamo comprendere meglio quello che cantiamo. 









Ectenìa: aggettivo greco che significa "protratto", la parola ectenìa si può tradurre con "supplica" o "litanìa" o "lamentazione", per chi si ricorda ancora le processioni cantate dei vecchi riti latini. Consta di una serie di preghiere per l'anima o il benessere materiale dell'assemblea, della nazione, del clero, etc. Ve ne sono di due tipi: lunghe o corte. L'ectenìa corta è, de facto, composta dalle ultime due battute di quella grande. 

Kathìsma: altra parola greca ( pl. kathismàta) che significa "a sedere", "seduti", perché nei tempi antichi questa parte dell'Officio del Vespro era possibile ascoltarla da seduti. Il Kathìsma è una sezione di Salterio diviso in tre stasi, tra le quali ad ogni inframmezzo vi è un triplice "Alleluja" seguito da "Gloria a te o Dio". Anticamente i Kathismàta erano cantati da due cori, uno esclamante e l'altro rispondente; forse ancora in qualche monastero old-style viene eseguito in questo modo; normalmente la prassi si è adagiata sul coro semplice. La parte rispondente era chiamata antifona. 

Stìchira: ennesimo grecismo per l'Italiano, la parola stichira designa dei versetti brevi di un salmo o di un passo biblico che mettono in evidenza la contrizione del cuore da parte del fedele o la richiesta di Misericordia. L'ultima parte della sezione delle Stichire è alternanza di versetti salmici e inni composti in onore della persona o della Festa commemorata nell'Officio: appartengono sempre al mondo dei Vespri. 

Prochimeno: calco dal greco prokìmenon ( lett. "principale"). Il prochimeno viene cantato dopo la Doxologia ai Vespri, e prima dopo la Lettura dell'Epistola alla Divina Liturgia. Esso consiste in versi corti tratti dalle Sacre Scritture che incarnano il senso dell'intero servizio, il senso della festa ad esempio. Ogni prochimeno è cantato tre volte.

Paremìa: col termine paremìa ( dal greco: "allegoria") si indica una lettura breve dall'Antico Testamento che contiene il prototipo della festa o del santo commemorati. Essa è prescritta per tutte le feste tranne la Domenica e i giorni di digiuno. 

Litia: col termine litia si designa una lunga supplica al Signore per la benedizione della città, dell'assemblea, della Chiesa che inizia con una lunga formula introduttiva di ricorso ai vari gradi di santità ( "Per le preghiere della Tuttapura benedettissima nostra Signora Madre di Dio (...) Per il patrocinio delle potenze incorporee, per le preghiere dei santi ierarchi (...) etc.") e che si conclude nella benedizione dell'olio, del vino e del grano ( o farro, o riso, o altri cereali), e dei cinque pani, perché siano santificati i lavori dell'Uomo e del luogo in cui i litia sono pronunciati. Viene svolta solitamente alle Veglie della Notte delle grandi feste, e tralasciata per i normali sabati. 

Polieleo: dal greco polyeleos ("dalle molte grazie"). Dopo i kathismàta, a porte aperte, avviene un lungo canto in onore del santo o della festa commemorati. Vengono cantati durante l'incensazione della chiesa anche i salmi 134 e 135. Si svolge al mattutino.

Ingresso: per ingresso si intende quella processione con in testa i cerofori, seguiti dal diacono col turibolo e dal sacerdote, recanti secondo l'occasione o l'Evangelo o i Santi Doni ( rispettivamente: Piccolo Ingresso e Grande Ingresso). L'ingresso culmina con la benedizione delle Porte Regali e il passaggio dei celebranti attraverso di esse. Sono atti dal valore simbolico, stanti a mostrare all'uditorio il tema centrale di ciò che seguirà: la liturgia della parola o la liturgia eucaristica. L'Ingresso dell'Evangelo porta nella folla l'immagine del Cristo Maestro, che presto parlerà tramite il diacono lettore o il sacerdote, quando verrà annunziata la Lieta Novella. Il passaggio dei Santi Doni è una allegoria del Corpo e del Sangue di Nostro Signore, morto per l'Umanità, deposti nel sepolcro ( l'altare sul quale verranno posati i sacri vasi). L'aere ( il velo omerale) simboleggia la Sindone. C'è un terzo Ingresso, quello vespertino, eseguito nei vespri, nel quale il sacerdote si pone innanzi alle Porte Regali e le benedice prima di incensarle, per poi passarvi attraverso. 

Tropario: il tropario è un inno inserito tra due salmi o parti di salmo; può essere singolo o fare parte di un Canone o di un Inno Akafist, e si riferisce al Santo, alla Festa o all'Evento per cui è cantato. Tropari famosi sono quello Pasquale e quello alla Madre di Dio ( Theotokion). 


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